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È consuetudine far risalire le origini del Ju Jitsu (“arte della cedevolezza” o “della flessibilità”) al Giappone dell’epoca Kamakura (1185-1333), quando i bushi (guerrieri) iniziarono lo studio e la codificazione di tecniche – con e senza l’uso delle armi – per neutralizzare i nemici. Nel corso dei secoli queste tecniche furono elaborate da abili sensei (maestri), che fondarono molteplici ryu (scuole), ognuno dei quali tentava di affermare la propria invincibilità nel combattimento. Tutto ciò conduceva a frequenti sfide durante le quali tutti gli allievi di un ryu si recavano presso una scuola rivale per saggiare l’efficacia del proprio stile. Questi incontri vennero denominati Dojo Arashi (“tempesta che si abbatte dove si studia il metodo”). Alcuni fra i tanti ryu diffusisi in Giappone furono: Tenjin Shinyo, Muso Jiken, Yoshin, Aio, Kito, Katori Shinto.

Il Ju Jitsu raggiunse il massimo splendore durante il lungo periodo di pace instaurato da Ieyasu Tokugawa dopo la battaglia di Sekigahara (1600), la sua autoproclamazione a Shogun (1603) e la conquista del castello di Osaka (1615). La fine delle guerre civili che avevano insanguinato il Giappone dal XII secolo, interrotte soltanto per respingere le invasioni mongole di Kublai Khan nel 1274 e 1281, lasciò disoccupati migliaia di samurai. Molti di loro pensarono quindi di mettere a frutto quanto avevano appreso sui campi di battaglia, raccogliendo e perfezionando le tecniche di combattimento ereditate dal passato. Mentre in precedenza esistevano solo scuole private ad uso dei grandi clan, ognuno dei quali elaborava e tramandava al suo interno colpi di particolare efficacia, sorsero allora scuole di arti marziali aperte a tutti. L’uso strategico del corpo umano raggiunse livelli sbalorditivi di efficienza.

I pionieri del Ju Jitsu in Europa furono Raku Uyenishi e Yukio Tani, che già nel 1901 erano attivi a Londra. Risale comunque al 1918 l’avvenimento più importante in Gran Bretagna, ossia la costituzione del Budokwai grazie a Gunji Koizumi. A Parigi, dopo una lunga campagna di stampa, il 26 ottobre 1905 s’incontrarono Ernest Régnier (Ré-Nié) e Georges Dubois, valente pugile, schermidore e pesista: Ré-Nié ebbe la meglio sul più pesante rivale in appena 26 secondi con una leva articolare. Nel 1906, a Berlino, Erich Rahn apriva la prima palestra in Germania.

Il Ju Jitsu giunse nel nostro paese all’inizio del ’900, diffuso dai marinai che lo avevano appreso durante la permanenza nel Mar della Cina delle nostre navi da guerra, in particolare degli incrociatori Marco Polo e Vesuvio. La prima dimostrazione di “lotta giapponese” in Italia si tenne il 30 maggio 1908. Nella Villa Corsini, a Roma, si esibirono due sottufficiali di Marina, che pochi giorni dopo ripeterono la loro dimostrazione nei giardini del Quirinale, alla presenza di re Vittorio Emanuele III. Ma il cammino del Ju Jitsu in Italia fu lento e difficile.

Sul finire del 1921 Carlo Oletti, capo cannoniere di prima classe, già imbarcato sul Vesuvio, venne chiamato a dirigere i corsi di Ju Jitsu introdotti nella Scuola Centrale Militare di Educazione Fisica, a Roma. Nel 1924 si costituì la Federazione Ju Jitsuista Italiana (FJJI), trasformata nel 1927 in Federazione Italiana Lotta Giapponese (FILG), quindi assorbita dalla Federazione Atletica Italiana (FAI) nel 1931.

Dal 1971 il Ju Jitsu è presente nella nostra Federazione come disciplina associata e dal 1985, assieme all’Aikido, è inserito autonomamente nelle attività federali.

Con Carlo Oletti si ritiene datare l’inizio della diffusione organica del Ju Jitsu identificato con la denominazione successiva di Judo, ma a Gino Bianchi si deve negli anni ‘40 l’introduzione della”Dolce Arte”in Italia. Arruolato nella Marina da Guerra, apprese le tecniche del Ju Jitsu nella Cina occupata dal Giappone. Quindi, tornato in patria a Genova, promosse la diffusione del Ju Jitsu in tutta Italia. Nell’ambito federale inizialmente il Ju Jitsu ha privilegiato lo studio della tecnica sviluppando la diffusione del”Metodo Bianchi”e affiancando successivamente ai”Settori”lo studio dei Kata dell’Hontai Yoshin Ryu, una delle scuole tradizionali giapponesi tra le più antiche. Per quanto riguarda il”Metodo Bianchi”l’iniziale catalogazione delle tecniche in Settori data dal Maestro Rinaldo Orlandi è stata rivista nel 1985 dai maestri Bagnulo, Mazzaferro e Ponzio ed alle singole tecniche, selezionate e ridotte da 20 a 10 per i vari passaggi di grado, si sono aggiunti i”Concatenamenti”che implicano il collegamento di una tecnica ad un’altra in seguito ad una reazione dell’avversario. I Settori sono cinque e vengono contrassegnati dalle prime lettere dell’alfabeto e sono composti ciascuno da venti tecniche. Il Settore ”A” comprende le azioni elementari che introducono alla conoscenza delle reazioni di un avversario; il Settore ”B” tratta le azioni che attraverso lo studio dello sbilanciamento mirano al caricamento, sollevamento e proiezione dell’avversario; il Settore ”C” esamina le azioni che agiscono sulle articolazioni; il Settore ”D” è dedicato alle azioni sul collo dell’avversario mentre il Settore ”E” fonde le azioni dei primi quattro introducendo azioni più vicine alle applicazioni in difesa personale. L’Hontai Yoshin Ryu venne fondata nel XVII secolo da Oriemon Shigentoshi Takagi; la scuola si ispira alla natura del salice (shin) ed alla sua capacità di flettere elasticamente i rami per contrastare le tempeste. Lo studio di questo stile si attua attraverso la conoscenza e la continua pratica dei propri Kata (modelli) che includono attacchi al corpo con colpi (Ate), lussazioni (Kansetsu), sbilanciamenti e proiezioni (Nage), strangolamenti (Shime) e tecniche di rianimazione (Kuatsu). L’introduzione di questa scuola nel programma tecnico della FIJLKAM è dovuto al Maestro Sciutto allievo diretto del 18° Soke (Caposcuola) Inoue Tsuyoshi Munetoshi. Dal 2003 all’attività prettamente tecnica dello studio dei Settori e dei Kata si è affiancata quella agonistica con la creazione di un calendario annuale di gare che prevede l’utilizzo del Regolamento Internazionale delle competizioni di Fighting System (prova individuale di combattimento) e di Duo System (prova di abilità tecnica a coppie).

Sovrintende all’attività del Ju Jitsu FIJLKAM la Commissione Nazionale presieduta dal M° Antonio Amorosi con i Componenti Tecnici M° Mario dell’Aquila e M° Alessandro Ponzio. 

Il Ju-Jitsu praticato all’A.S.D. Judokwai Bolzano consiste in una continua sintesi e rielaborazione di Tecniche tradizionali e moderne, dei Metodi di allenamento più recenti nel campo dell’educazione motoria e di Tecniche provenienti anche da altre Discipline Marziali che possono arricchire il Bagaglio di un Jutsuka. Rivestono indubbiamente una grande importanza tecnica, quali elementi costitutivi del Ju Jitsu originale, tutte le Tecniche di controllo, squilibrio, proiezione, percussione e/o pressione, strangolamento, leva articolare e di immobilizzazione nelle varie Situazioni in piedi e al suolo, tenendo ben presente le “distanze”. Il tutto è studiato in forma di principio ed applicazione, per essere assimilato dal praticante e riproposto autonomamente in Situazioni diverse tra cui Difesa Personale, Lotta al Suolo, Combattimento “Fighting System” e/o “Duo System”.